Repice: "Il centrocampista italiano più forte e il pericolo che corre la Nazionale di Spalletti"
"Per capire l'Italia, basta guardare la formazione della Nazionale di Trapattoni ai Mondiali del 2002 e confrontarla con quella attuale", ha spiegato il giornalista.

A “1 Football Club”, programma radiofonico condotto da Luca Cerchione in onda su 1 Station Radio, è intervenuto Francesco Repice, giornalista e radiocronista Rai. Ecco alcuni passaggi dell'intervista: "Ieri l'Italia ha disputato una buona partita, offrendo una prestazione convincente. Tuttavia, manca ancora quel dettaglio, quel particolare decisivo".
Sul momento della nostra nazionale: "Sinceramente credo che l'Italia, nelle ultime due partite giocate a San Siro contro due tra le nazionali più forti al mondo, la Francia e la Germania, abbia dimostrato il suo valore attuale. In questo momento è una squadra così. Ho fatto alcuni confronti con le nazionali che hanno affrontato la Germania negli anni passati e, obiettivamente, la differenza è evidente. Ieri sera mancavano Dimarco e altri giocatori per alcuni problemi fisici, così come era assente Retegui. Dall'altra parte, però, anche la Germania aveva defezioni importanti, giocatori di grandissimo valore. Questo dimostra che oggi possiamo offrire una buona prestazione, ma competere per vincere contro queste nazionali non è ancora alla nostra portata. Le cose possono cambiare da qui a un anno o in vista del Mondiale 2026, che speriamo di disputare. Tuttavia, ad oggi, la situazione è questa".
Sandro Tonali è il centrocampista italiano più forte del momento?
"Sì, credo che Tonali sia attualmente il centrocampista italiano più forte. L'esperienza in Premier League con il Newcastle gli ha dato qualcosa in più, soprattutto in termini di maturità, leadership e caratura internazionale. Ricordo quando era ancora molto giovane e in nazionale giocava accanto a veterani come Bonucci. Già allora si vedeva che aveva qualcosa di speciale: gli affidavano subito il pallone in uscita dall'area, anche in assenza di un regista come Pirlo. Era evidente che fosse un giocatore diverso. La Premier League, con il suo ritmo e la sua intensità, lo ha aiutato a crescere ulteriormente, ma le sue qualità erano già chiare dai tempi del Brescia. Non a caso, diverse squadre erano pronte a investire cifre importanti su di lui, e il Milan lo ha portato a casa. Inoltre, mi dicono che nello spogliatoio abbia un certo peso: le sue parole vengono ascoltate con attenzione dai compagni. Questo è un aspetto positivo per la nostra Nazionale. Il problema, però, è che servirebbero altri sei o sette giocatori come lui per competere ai massimi livelli."
Il talento individuale, quindi, è la chiave?
"Sì, perché il calcio, per me, è fatto dai calciatori. Possiamo avere il miglior allenatore in circolazione – e voi a Napoli sapete bene che Luciano Spalletti è il numero uno nella preparazione delle partite e nella gestione tattica – ma alla fine la qualità dei giocatori fa sempre la differenza. Se vogliamo competere ai massimi livelli e puntare al nostro quinto Mondiale, dobbiamo guardare alla qualità delle nuove generazioni. E qui vedo una grande differenza rispetto alla fine degli anni '70, quando l'Italia produceva tantissimi talenti. Questo, da appassionato di calcio, mi rattrista un po'."
Può spiegare ad un bambino cosa succederebbe se domenica perdessimo di nuovo contro la Germania?
"Fondamentalmente, saremmo fuori dalla Nations League. Ma, a voler essere onesti, non sarebbe una tragedia. Non parteciperemmo alla Final Four, pazienza, ce ne faremo una ragione. Il vero problema è un altro: si rischia di essere costretti a giocare un girone di qualificazione al Mondiale con cinque squadre, quindi con una partita in più rispetto alla Germania, che, qualificandosi alla Final Four di Nations League, avrebbe un match in meno nel percorso di qualificazione. Questo dettaglio può avere il suo peso, considerando cosa è successo nelle ultime qualificazioni mondiali, quando siamo rimasti fuori per colpa di quei dannati spareggi. A quel punto, dovremmo giocarci la qualificazione con squadre come la Norvegia di Haaland e tanti altri giocatori di livello, soprattutto quelli che stanno emergendo nei campionati più competitivi, come la Premier League. Staremo a vedere, ma la situazione non sarebbe affatto semplice".
Oggi abbiamo calciatori meno qualitativi, ma giocano anche molto di più…
"Certo, le partite sono tante. Ma anche le squadre inglesi, tedesche o spagnole giocano di più, visto che anche loro affrontano lo stesso numero di gare, se non addirittura di più. Il problema, ripeto, è un altro: basta guardare la formazione della Nazionale di Giovanni Trapattoni ai Mondiali del 2002 e confrontarla con quella attuale. Mamma mia… e pensare a quelli che rimasero fuori da quel Mondiale! Non voglio mancare di rispetto ai ragazzi di oggi, che danno tutto per la maglia azzurra, ma non si può negare l’evidenza. Il Mondiale lo vinci con Messi protagonista. Per vincere servono i campioni, a noi mancano i campioni. Questa è la realtà. Io la vedo così: il fuoriclasse non deve mettersi al servizio della squadra, è la squadra che deve mettersi al servizio del fuoriclasse, e Conte è il migliore a gestire . Perché è il più forte che fa vincere le partite. Funziona così nel calcio che conosco io. Il resto sono solo filosofie".
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